Nel 2014 ho realizzato una mostra sulle opere di papà inaugurata il 21 giugno dal Cardinale Cocco Palmerio e chiusasi con la visita del Cardinale Scola il 21 settembre. Ecco la presentazione che ne ho fatto il giorno dell'inaugurazione

 

Cari amici e visitatori di questa mostra, benvenuti e grazie dell'attenzione.

Per presentare la mostra, mi presento anzitutto io: mi chiamo Giancarlo Paganini e sono uno dei 5 figli di quell'Ettore che è al centro di questa esposizione d’arte.

 

Iniziamo qui in chiesa la presentazione di questa mostra un po' particolare, così, oltre ad essere più comodi, possiamo già ammirare dal vivo alcune delle opere di cui vi parlerò e che vi consiglio di soffermarvi poi ad osservare con attenzione.

Successivamente andremo nella cappella del Crocifisso che ospita i pannelli e il video con le interviste a mia mamma Caterina Venturini che ha collaborato alle opere di papà nella stesura degli smalti, e al maestro Alessandro Grassi, mastro vetraio che ha realizzato nel suo studio/opificio molte delle vetrate disegnate da Ettore tra cui quelle che ornano la nostra parrocchia.

 

Capisco che Vi si deve una spiegazione: perché una mostra sulle "origini artistiche" della nostra chiesa parrocchiale, come appare dall’invito, e perché allora il focus su un pittore (semisconosciuto ai più) e la sua espressione artistica e poi... che c'entra la sua fede?

 

Voglio chiarire a tutti voi, ma innanzitutto a papà (che è spiritualmente qui e mi sta ascoltando, e che non avrebbe mai acconsentito alla celebrazione o alla incensazione della sua persona), che non voglio fargli un dispetto postumo.

Intendo sì ricordarlo con affetto e rendergli un po’ di giustizia circa la sua grandezza di artista, ma cercare di essere se possibile una eco di quello che lui voleva comunicare.

Lui non indicava sé, cercava di stupirci con l’arte della luce, degli smalti e delle vetrate, dei colori e dei riflessi, perché guardassimo non il suo dito, ma dove indicava, la fonte della luce, dove lui stesso trovava consistenza e gioia: in Gesù presente nel sacramento eucaristico e nella comunità della Chiesa, di cui frequentandola, aveva ben presente anche limiti e peccati, ma che gli consentiva di appartenere coscientemente a Dio.

 

La mostra vuole aiutare a celebrare la ricorrenza dei 50 anni di consacrazione di questa chiesa (avvenuta il 20/6/64 per le mani di sua Em. il Card Giovanni Colombo da poco succeduto al cardinal Montini salito al soglio pontificio, che l'aveva voluta) ripercorrendo con la memoria il passato, riscoprendo il patrimonio che ci viene dalla nostra storia, per capire di più chi siamo, la nostra identità di comunità cristiana che ha una sua personalità. Qui dentro, come dice don Luigi nella sua presentazione nel primo pannello, “c’è una eredità per il futuro fatta di tratti artistici che sono segni di un concreto percorso di fede accessibile a tutti”. Questi segni accessibili a tutti perché descrivono fatti reali, storia che è storia di salvezza, vanno allora guardati con attenzione, capiti, riscoperti e allora ci sapranno parlare.

 

Ebbene la nostra chiesa, progettata dall'architetto Mattioni nel 1959, appena nata (la chiesa è stata ultimata dal punto di vista costruttivo a Natale 1962), ha già una sua “personalità artistica” ben definita: già nel 1961 ha ricevuto un imprinting artistico per opera di un suo fedele parrocchiano, Ettore Paganini, che realizzava le 14 stazioni della via Crucis a sbalzo su rame patinato, che vedete alle pareti.

 

La lavora evidentemente di pari passo al nostro stupendo altare (per me il più bello del mondo) che ha una gestazione di tre anni, come vedremo e vi spiegherò in dettaglio spiegandovi il pannello che lo descrive e come sentiremo dalla videointervista che ha registrato mia mamma Caterina, che ha collaborato alla sua realizzazione.

 

Dello stesso periodo è il tabernacolo, altra stupenda realizzazione a smalti a gran fuoco e sbalzi dorati. Tabernacolo che nasce con una impostazione preConciliare: un grande cassone metallico posto in mezzo sopra l’altare, con due porticine di accesso. Una è quella attuale che vediamo sulla parete di fondo del presbiterio incastonata nella cornice a smalti a freddo e sbalzi geometrici della seconda metà degli anni 70, con Cristo risorto (che ci ricorda quello di Pier della Francesca a Sansepolcro), l’altra, quella che era dal lato celebrante è stata recuperata e posta a decoro dell’ambone con l’intervento sul presbiterio del 1999.

 

Insomma, nel 64 il card. Colombo consacra questa chiesa che ha già una sua personalità artistica e molte delle opere che vediamo ancora oggi, (anche se qualcuna ha subito trasformazioni, smembramenti e degli adattamenti alla teologia e alla liturgia riformata dopo il concilio ecumenico Vaticano II). Un esempio è lo splendido fonte battesimale, appena rientrato da un restauro a seguito di un grave danneggiamento, che ha avuto varie collocazioni, passando dal fondo della chiesa a un “balcone marmoreo” sul presbiterio (dove ora c’è il leggio del celebrante) alla attuale collocazione più congrua liturgicamente, a destra del presbiterio, ma staccato, sul piano dell’assemblea dei fedeli.

 

E poi Paganini ha realizzato per la sua parrocchia un calice a smalto, un ostensorio “romano”, una pisside a forma di melograno, un’icona a sbalzo e smalti, le vetrate, persino i lampadari, dei candelieri e i porta sabbia, ecc, ecc

 

In questa parrocchia tante opere si sono aggiunte anno dopo anno, altre sono state ereditate o sono arrivate con donazioni o acquisizioni varie. Altri scultori e pittori hanno dato il loro contributo. Cito solo gli scultori Otello Montaguti e Ferdinando Perathoner, il patron delle vetrate artistiche m° Alessandro Grassi, il pittore di icone padre Fulvio Giuliano del Pime. Ho cercato di ricordarli tutti in un pannello, l’ultimo, a loro dedicato: il bello è che le opere di tanti diversi artisti hanno trovato una unità, una consonanza straordinaria, oserei dire, attorno allo splendore del presbiterio.

 

Ecco spiegata quindi la frase "origini artistiche" che compare nell'invito e nel primo pannello che don Luigi ha composto come introduzione.

 

E un po' è spiegato anche il perché del focus su Paganini, anzi sulla sua fede che traspare ed è espressa dalle sue opere. Per capirlo occorre capire la sua vita, la sua arte, rifare il suo percorso, apprezzare le sue tecniche, occorre, come aveva scritto don Roberto nel testo che spiega l’iconografia dell’altare (ma che poi nell’ansia di tagliare testo per stare negli spazi ho inopportunamente cancellato) strizzare un po’ gli occhi come tante delle figure di Paganini.

Ve lo rileggo perché merita:

“Delle figure di Paganini osservate per un attimo lo sguardo. I tratti del viso, nella semplicità delle linee, sono appena abbozzati, certo; ma un carattere è comune: gli occhi appaiono quasi sempre socchiusi. Come quando ci si scopre miopi e, per meglio vedere, si serrano un poco le palpebre. Quello dell’eucarestia è e rimane un mistero, non ha a che fare con la brutalità del fatto, ma con il nascondimento del senso. Per una crepa troppo ampia non passa alcuna meraviglia, scriveva un poeta irlandese del secolo scorso, Kavanagh, con intuizione mirabile. Ciò che non perdiamo tempo e fatica a cercare – anche semplicemente serrando gli occhi – non saprà mai meravigliarci; una verità esibita in piena luce non fa mai appello alla libertà. Alla faccia delle idee chiare e distinte, idolo indiscusso del Moderno. Ci vuole una crepa stretta perché ciò che sta oltre possa compiere il nostro desiderio; ci vuole una soglia per entrare nel Regno e – il Vangelo insiste – ci vuole pure stretta.

Leggo così questi occhi socchiusi (che al primo sguardo mi avevano subito stupito): per vedere il mistero devi imparare a serrare un poco le palpebre, fuggire l’eccesso orgoglioso della luce che tutto vede e tutto sa, sfuocare la superficie per penetrare nel profondo. Perché da questa stretta fessura giunge al cuore la più luminosa delle meraviglie”.

 

COME NASCE L’IDEA DELLA MOSTRA

 

L'altro capo del bandolo è spiegare come mai si sia arrivati a fare addirittura una mostra. C'è un antefatto che può apparire banale. Non è che io mi sia mai appassionato in precedenza alle opere di mio padre. Mi sembravano belle, ma finita lì. Faccio il grafico, tutto sommato una strada parallela a quella della grande arte e perdipiù sacra, ma lontana anni luce. Mia mamma, alla sua veneranda età di 88 anni, non aveva particolari interessi a tirar fuori cose, ricordi, opere: ciò che è stato è stato, stop.

I miei fratelli,... altre strade, a parte Francesco (l'unico che ha un po' seguito le orme metallurgiche di papà e ha capacità tecniche di argentiere e di insegnante della materia straordinarie). Lui aveva iniziato per una tesi d'arte a raccogliere foto, testi, contatti e a sistematizzare un po’ di materiali su papà, da cui sono poi partito.

 

Due anni fa, innervosito perché cercando in internet non trovavo notizia di papà e solo pochissime opere mal citate, ho deciso di cominciare almeno a dire su wikipedia chi fosse, con una biografia base. Al momento di inserire delle foto, a parte il dover cedere dei diritti, che non mi sembrava giusto, capisco che ho per le mani solo foto antiche, su carta, che hanno preso colorazioni fantasiose. Poche, incomplete, …e tutte le altre cose che ha fatto? 40 anni di attività e 5 figli tirati su: io me lo ricordo spessissimo al lavoro, che spettacolo e che insegnamenti anche solo visivi! Quanti opere ha fatto? e dove sono? Allora inizio a scattare delle foto, a chiedere a chi lo ha conosciuto, andare a casa di questo e di quello, a spulciare articoli d'archivio, biblioteche, ...Contatto istituti, chiese, cappelle, monsignori, vescovi, esperti curatori di mostre... eccetera. Un crescendo di "link" e segnalazioni. A un certo punto capisco che tra le mani sta crescendo qualcosa di più di una semplice raccolta di immagini da mettere su un sito (che nel frattempo ho deciso di fare). Sta crescendo una cosa più grande di me, legata alla figura di mio papà, che si esprime in aiuti generosi di tutti i tipi, in un affetto costruttivo: porte che si aprono al primo bussare e spalancano ricchezza di rapporti umani, ricordi, consigli, immagini, opere.

 

Ho fatto una pagina di ringraziamenti per tutti quelli che in quest'opera mi hanno aiutato, ma è certamente incompleta. Se posso citarne solo tre, ma è ingiusto, direi Nadia Righi che mi ha dato una mano a impostare il percorso logico, Monsignor Fontana che mi ha spalancato le porte del Duomo e mi ha suggerito dove andare a scovare diversi calici, Lorenzo De Francesco, senza il quale non potreste godere delle immagini di almeno metà mostra e ...quarti a pari merito il prof. Ivan Grossi e la dott.sa Anna Nabot della ProCivitate Christiana di Assisi che mi hanno mandato una quantità di foto straordinarie che sono nel museo omonimo. Don Luigi non lo ringrazierò mai abbastanza perchè ha creduto alla validità di questa follia. Poi Don Roberto che ha scritto il pannello sul nostro altare.

Ah, mi dimenticavo il mio collega redattore Ugo Moretto che mi ha aiutato a stendere i testi e soprattutto a correggerli.

Non posso citare tutti, li trovate nella mostra e in una pagina del catalogo a colori che vi invito ad acquistare a soli 15 euro, anche per sostenere lo sforzo finanziario fatto.

 

Bene, veniamo al dunque: si cercava un modo di celebrare anche con un segno visivo questo anniversario della nostra parrocchia. Ho detto a don Luigi: guarda che io sto raccogliendo questo e quello, ...insomma, per farla breve la mostra che stava nascendo solo nella mia testa ha cominciato a prender corpo e a crescere col contributo di tantissimi.

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I 12 PANNELLI

 

Quindi c’è stata l’idea dei pannelli. Ma che profilo, che logica dare ad una esposizione che celebrasse i 50 anni di una chiesa in un quartiere, avendo tra le mani un patrimonio crescente di immagini di 40 anni di attività eclettica di un uomo che santificava la sua vita attraverso il lavoro… e ne ha fatto davvero tanto. Innanzitutto il trait-d’union era la chiesa stessa che trabocca di sue opere “esemplari”, il meglio dell’artista. Bisognava valorizzare questa eredità artistica. Reimparare a guardarla, riscoprirla. Allora sarebbe stato interessante individuare le tipologie principali di oggetti d’arte sacra che Paganini ha realizzato e capire attraverso la ricerca iconografica e l’evoluzione artistica sperimentata, cosa ci voleva trasmettere, cosa ci comunica con queste opere che vediamo qui, così affascinanti.

 

 

Quindi, prima scelta obbligata e fondamentale: parliamo solo dell’arte sacra.

Perché è il suo modo peculiare e originale di essere artista, e tralasciamo il resto.

 

Vi spiego i pannelli nel loro ordine:

 

- 1) Parliamo dell’uomo Ettore raccontandone a grandi linee la biografia. Da lì si capisce anche da dove nascono certe predisposizioni, si affinano certe capacità e certi interessi. Il background familiare, l’iniziazione tecnico-artistica a bottega di suo padre, gli studi, l’amore per Caterina, sua moglie e collaboratrice nel lavoro, la sua famiglia, i suoi figli, le mostre e i riconoscimenti artistici.

 

- 2) Cerchiamo di entrare a vedere dal di dentro le tecniche che usava principalmente (ho tralasciato per esempio le tavole a tempera o i quadri a olio che ha realizzato). Champlevé e Cloisonné per gli smalti, gli sbalzi su rame e le vetrate. Perché è impadronendosi delle tecniche che l’espressione artistica può volare alta. E qui, vi assicuro, si vola altissimo. Mio fratello Francesco mi diceva che per ottenere certi smalti rossi trasparenti su rame… bisogna farne di strada! Di solito per reazione/ossidazione a fine cottura ottieni un bel …nero!
E’ un sapere pittorico e artistico, (composizione, disegno, uso del colore, sensibilità per i volumi e le forme) legato ad un sapere tecnico, progettuale e funzionale. Quindi anche artigianale, nel senso alto della parola. Un saper fare (di tutto) e un saper fare PER, con uno scopo di comunicazione della fede nella salvezza portata da Gesù Cristo. Perché Ettore amava la Chiesa, soffriva per la Chiesa, lavorava per la Chiesa e quindi anche per la sua comunità, qui, del Buon Pastore. Era dentro la vita della comunità (corsi fidanzati, gruppi familiari, aiuto a don Franco, archivio delle opere parrocchiale, ecc) e questo scambio era fecondo e lui creava con dentro questa tensione. Anche in vacanza, dove andavamo, entrava nella vita della comunità locale e poi, guarda caso faceva una via crucis, un ambone, un tabernacolo. Certo, doveva lavorare per tirarci grandi, ma non era solo marketing. Viserba, Venegono: erano rapporti che nascevano col parroco, con la fedele che offriva un’opera, ecc e lui comunicava e lavorava…

 

- 3) Gli altari. Qui in chiesa vediamo l’altare, per me, più bello del mondo! Poi ve lo spiego più approfonditamente o, meglio leggete il pannello 10 che lo descrive così bene. Ma quanti altari ha realizzato? Io per ora ne ho scoperti un po’, so che ne mancano all’appello diversi, non so neppure dove siano, spero di scoprirlo, ma soprattutto, anche qui, cosa intendeva trasmettere? Nel pannello sugli altari troviamo una descrizione bellissima di ciò che stava a cuore al pittore, dice parlando del paliotto dell’altare della vita della Vergine, in Assisi: “La finezza dei particolari dello smalto per il palato dell’osservatore più acuto ed esigente e l’intento narrativo poiché il soggetto sacro, raccontando sempre un fatto, deve essere letto a distanza e da qualsiasi fedele anche non artisticamente preparato.” Ecco: narrare una storia, dei fatti perché come dice don Roberto: “Ettore non è un visionario” ma racconta dei fatti, non col distacco del freddo cronista, ma cercando di capirne e svelarne il senso: ecco allora il fiorire dei simboli, che come i segni nella vita velano e svelano e ci fanno entrare più profondamente nel mistero, ecco il racconto di vite di santi o di miracoli che ci rendono più vicino ed attuale l’intervento di Dio nella vita di noi uomini. Impariamo a guardare bene, strizziamo un po’ gli occhi (come tante sue figure) e scopriremo in quella storia la nostra storia che viene salvata, amata.


Per quanto riguarda l’evoluzione delle sue capacità, una cosa che ho trovato straordinaria è la somiglianza dello stupendo paliotto dell’Istituto Zaccaria a Milano (ora non è più nella sua sede in cappella) con il nostro altare. E’ stato come la prova generale per arrivarci: Ma quello è bi-dimensionale, una sola facciata, al centro la vita di un santo. Guardate questo: tridimensionale a stella con 12 lati, con tanti livelli di lettura e una ricchezza di esposizione incredibile: al centro l’Eucarestia, ai fianchi i miracoli eucaristici e i simboli della presenza di Cristo, sul retro la vita del nostro patrono san Matteo! Fate il giro e guardate bene e da vicino.

Immaginate dover smaltare una lastra di rame lavorata a sbalzo, non so se vi rendete conto delle difficoltà tecniche, a partire dalle deformazioni e dalle tensioni interne della lastra a 900, 1000 gradi durante la cottura e durante il raffreddamento.

 

L’altro altare che vorrei evidenziarvi è quello della chiesa di san Rocco a Monza, terminato nel giugno del 1965: nell’ultimo dei 4 pannelli è rappresentato e celebrato il Concilio ecumenico Vaticano II, con al centro papa Giovanni XXIII. Concilio concluso da Paolo VI proprio nel 1965. Questo ci dice della lungimiranza, del coraggio e della partecipazione alla vita e al respiro di tutta la Chiesa, proprie di papà. Questo avvenimento è vissuto e sentito così fondamentale che viene già rappresentato come elemento imprescindibile nell’iconografia del paliotto d’altare in una parrocchia cresciuta in quegli anni, come un segno da tener ben presente.

- 4) I tabernacoli. Qui sono descritti i temi che più frequentemente Paganini ha affrontato nella lavorazione di questo scrigno che contiene il tesoro più prezioso del mondo: la presenza eucaristica di Cristo che si offre alla nostra adorazione. Ultima cena, Cena di Emmaus, agnello redentore, moltiplicazione dei pani, ma anche annunciazioni e natività.


Nel nostro tabernacolo Ettore fa una scelta particolare che non ho trovato, per ora, in nessun altro tabernacolo (vedi Pann. 11): Cristo che risorge, in una posa che richiama alla mente quella famosa di Piero della Francesca a Sansepolcro: entrambi portano la bandiera della vittoria, ma qui non ci sono soldati storditi, ma angeli in adorazione. Un invito alla nostra adorazione di Cristo risorto, asceso al cielo e che non ci abbandona, ma nell’eucarestia ci permette di ricontrarlo ogni giorno vivo e presente. Tanto è vero che i due santi ai lati del pannello rappresentano due santi molto eucaristicamente connotati: san Giuliano Eymard, canonizzato nel 1962, fondatore di una congregazione dedita all’adorazione eucaristica perpetua (qui c’è un legame profondissimo con i lavori realizzati per la chiesa dei ss. Martiri canadesi a Roma, dedicata al Santo Eymard). E l’altro santo è s. Antonio Maria Zaccaria, inventore delle ss. Quarant’ore. E qui abbiamo il legame con l’istituto Zaccaria di Milano. Legato a questo pannello, e in particolare al tabernacolo di Spotorno c’è un piccolo cameo nel volumetto: vi compare mons. Bicchierai, (Fondatore della Caritas Ambrosiana e del centro auxologico di Piancavallo), uno dei suoi più grandi estimatori e fedeli committenti: è la storia di un fil rouge che lega tante opere di papà in tante località italiane. Compare anche un tabernacolo stupendo, di sapore un po’ medioevale, che c’è ad Assisi alla Pro-civitate Christiana: è l’altro grande filone che lo ha determinato in molte scelte umane, artistiche, religiose: l’amicizia profonda col grande sacerdote ed apostolo della comunicazione don Giovanni Rossi: uno che credeva nel valore “missionario” dell’arte e radunava attorno a sé e alla sua fondazione numerosi artisti di fama ed emergenti. (lo trovate a pagina 9 del volumetto)

- 5) Gli amboni e altre grandi opere.

- Amboni: Dio si fa presente anche nella Sua parola, Parola di Dio, appunto. Ettore ne ha creati numerosi di amboni, aventi come tema principale il tetramorfo degli evangelisti (S.Matteo, l’uomo; S. Luca, il toro; san Giovanni, l’aquila dalla vista acuta (che vede lontano-apocalisse); s. Marco, il leone - La motivazione di s.Girolamo era la più convincente e anche per questo si è imposta e stabilizzata nella tradizione. Matteo è raffigurato dall’uomo perché nella prima pagina riporta la genealogia di Gesù, e dunque parla della sua origine umana. Marco invece è il leone perché nella prima pagina presenta il Battista che, come un leone, grida la sua testimonianza nel deserto. Luca è rappresentato dal toro perché introduce come primo personaggio del suo racconto Zaccaria, il padre del Battista, il quale, essendo sacerdote del tempio, come tale offriva sacrifici di tori. Giovanni infine è l’aquila, per il volo sublime dell’inno al Verbo con cui si apre il suo sublime vangelo.) con al centro la croce. A smalto, in diverse varianti, a smalto o con la tecnica mista, ma sempre molto luminosi, perché la parola di Dio Illumina la vita.

- Spesso compare Cristo maestro, docente in trono, in atto di benedire e giudicare il mondo, Alfa e Omega, inizio centro e fine di tutto l’universo. Perché la parola proclamata non è umana ma divina, e solo il divino salva l’umano (cioè lo conserva in tutte le sue dimensioni, lo chiarisce come senso e lo porta pienamente a compimento), sia chiaro.

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In questo pannello ho accorpato anche tutta una serie di altre grandi opere, grandi sia come complessità che come dimensioni, alcune davvero straordinarie come il preziosissimo reliquiario di S. Giuliano Eymard che ora è in Canada nella casa madre della sua congregazione con 4 lati decorati a due a due con lastre di rame traforato e sbalzato e/o traforate e smaltate, la preziosa cattedra con 3 sbalzi su argento e 10 formelle smaltate che è ancora presente, invece, nella chiesa romana dei SS. Martiri canadesi.

- Un grande monumentale fonte battesimale, a pianta ottagonale (simboleggiante l’octava dies, l'ottavo giorno della settimana, cioè il nuovo giorno, in cui inizia l'era del Cristo risorto, della nuova vita). Qui, sulla porta che apre alla nuova vita, nelle 8 formelle sovrastate da quella di Dio padre che come sul Giordano (con san Giovanni Battista) apre i cieli e ci annuncia Suo Figlio da seguire, donando lo Spirito santo in forma di colomba, compaiono nella fascia superiore Elia e Mosè: (Elia ritornerà alla fine dei tempi precedendo il ritorno di Gesù Cristo, ritornerà per battezzare nel Fuoco, Mosè conduce il popolo attraverso la Pasqua, il passaggio del Mar Rosso, alla terra promessa, alla vita nuova). In mezzo ai due Cristo morto nel sepolcro, condizione della sua Pasqua (Cristo risorto) Come sul Tabor nella sua Trasfigurazione gloriosa, ci è mostrato il nostro destino e la via per giungervi. Ovvero bisogna passare da questa piccola porta per avere la vita nuova che viene dall’alto. E questa porta è la morte di Cristo, prezzo del riscatto della nostra vita. Alla base 4 angeli su piccole formelle recano i segni di questa vita nuova: la veste bianca (la nuova dignità del cristiano) il cero (la luce che ci viene donata nella fede) il santo crisma, olio con cui si ungevano i re, perché nel battesimo entriamo in un popolo regale e sacerdotale, e con cui si è unto Cristo morto nella sua sepoltura. Infine l’angelo con la croce, il simbolo più distintivo della vita cristiana.

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- Da ultimo, un esempio di arte per monumenti funebri: una croce a smalto a fondo cloisonné e figura in champlevé, il tema più utilizzato, il prezzo della vita, pagato di Gesù in croce, per liberarci dalla morte.

 

6) LE VETRATE: L’altra grande tecnica espressiva utilizzata da Paganini sono state le vetrate. Ettore disegnava il bozzetto che poi faceva realizzare da studi specializzati. Sono risalito al nome di uno di questi studi, utilizzato per alcune delle prime vetrate, quelle per la cappella della Chatillon che era in via Conservatorio, nei primi anni ‘50. Un certo F. Tonti. Poi, nel tempo, si crea un sodalizio di lavoro duraturo e fecondo con la ditta Grassi, prima Florindo e poi Alessandro, suo figlio, che ancora oggi prosegue la tradizione dei mastri vetrai di tradizione francese a legatura in piombo e uso della grisaille (Chartres) e produce grandi e bellissime vetrate per chiese e ambienti di tutto il mondo. Sentiremo la sua intervista in video che dice più di mille mie parole. Ettore prediligeva, come in tutta la sua produzione artistica, rappresentazioni figurative, in cui poter narrare visivamente delle storie, storie di santi, storia della salvezza, ma non disdegnava anche disegni più “astratti” o simbolici, come quelli delle vetrate di questa parrocchia.

 

 

7) GLI OGGETTI D’USO LITURGICO: qui in parrocchia abbiamo degli esempi importanti di questi oggetti, che vediamo nel pannello 11, come una pisside, un calice, un ostensorio romano, ecc. Ma quanti ne ha realizzati e di che tipo, nella sua lunga carriera di artista? Una infinità, difficilissima da quantificare. Croci astili, sospese, croci per altari, croci pettorali, ostensori, pissidi, candelieri, lampade, ecc. Ma soprattutto calici. Li troviamo in grandi cattedrali come in parrocchie, come in case di riposo, in musei. Come mai? Ettore li faceva in collaborazioni con due argentieri di Milano: Politi e Creperio. Da qui partiva il loro viaggio: un dono per il parroco, per il monsignore o il vescovo da parte della diocesi, il prete novello, il papa, chi lo sa?

 

 

8) LE SUE VIE CRUCIS

 

9) OPERE DEVOZIONALI PRIVATE

 

10) L’ALTARE DEL BUON PASTORE

 

11) LE ALTRE OPERE DI PAGANINI IN PARROCCHIA GBP

 

12) UN TESORO D’ARTE SACRA

 

© 2015 Ettore Paganini