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Arte sacra: Via crucis

Nell’Occidente cristiano pochi pii esercizi sono tanto amati quanto la Via Crucis. Essa rinvia con memore affetto al tratto ultimo del cammino percorso da Gesù durante la sua vita terrena. (fonte: www.vatican.va)

 

Innumerevoli sono le realizzazioni di Vie Crucis opera di Ettore Paganini in diverse parrocchie o cappelle di Istituti. Realizzate prevalentemente a sbalzo su rame, ma anche completamente a smalto, a volte appaiono quasi mimetizzate sulle pareti, a volte invece emergono come lampi di luce o di colore nella penombra del luogo di culto.

Talvolta il tema è stato elaborato anche in un formato compatto per favorire la devozione privata oltre che comunitaria.

Nella   forma attuale,  sono 14 le stazioni tradizionali che ci raccontano le tappe del terribile sacrificio di Cristo per la nostra redenzione.

Allora dovrebbero essere sempre identiche, sempre la medesima storia, raccontata nel medesimo modo: dei cliché. Niente affatto. Ogni Via Crucis è un unicum, una esperienza nuova per l’artista che la affronta, perché la vita e gli avvenimenti personali e del mondo cambiano di continuo e quindi anche l’esperienza di chi intende raccontarci, contemplandola, quella grande, unica Storia.

Una sopresa è anche vedere variato il numero e l’ordine delle stazioni.

Non sono “capricci” o fantasie di artista che non sa stare nei canoni:  tradizioni in realtà sono varie. Storicamente la prima stazione conta almeno quattro varianti, dall’addio di Gesù alla Madre, alla lavanda dei piedi, all’agonia nel Getsemani, alla condanna nel pretorio di Pilato. Fino al XV secolo regnava ancora la più grande diversità nella scelta delle stazioni, nel loro numero e ordine.

Dalla fine del XVII sec. si afferma in Spagna la versione più nota. Poi c’è la “Via Crucis biblica” che, attenendosi a precisi riferimenti biblici,  abolisce le tre cadute, l’incontro di Gesù con la Madre e con la Veronica e introduce l’agonia di Gesù nell’orto degli ulivi (I), l’iniquo giudizio di Pilato (V), la promessa del paradiso al Buon Ladrone (XI), la presenza della Madre e del Discepolo presso la Croce (XIII). Con ciò viene sottolineata la straordinaria ricchezza della Via Crucis, che nessuno schema riesce ad esprimere compiutamente.

A volte erano i committenti a richiedere di accentuare una tematica rispetto ad un’altra, a volte era la stessa temperie culturale postconciliare che suggeriva passi, anche arditi, nella composizione e nella struttura del pio esercizio.

Così troviamo un’Ultima Cena come prima stazione e una Risurrezione, ultima di 15. Dalla descrizione della Via Crucis su “Il Segno” (Maggio 1976) della parrocchia di San Martino in Greco:

«... La successione delle stazioni è nuova e, secondo il suggerimento della Sacra Congregazione dei Riti, segue passo passo i Vangeli del ciclo pasquale a cominciare dal Giovedì Santo fino alla Domenica di Risurrezione.

Con ciò però non è dimenticata la ricchezza della tradizione accumulata di due secoli, da quando cioè Frà Leonardo, per incarico di papa Benedetto XIV, iniziò la pia devozione nel 1750 piantando la Croce nel Colosseo. Così le tre cadute sono viste assieme al Cireneo (VII), la Veronica è vista con le pie donne (VIII) e la spogliazione assieme alla crocifissione (IX)».

 

 

© 2015 Ettore Paganini